Emilia

Emilia, ormai scurisce il tuo frumento
e il papavero esce a fare il bullo
e le viti mettono teneri ricci
e la sera i biancospini illuminano le stradette
dove non passano che tante biciclette.
Emilia, ormai le tue donne fioriscono le contrade
di nuove toilettes, e le rose rosse nei giardini
ascoltano quei pazzi usignoli querelarsi
senza ragione, come i soprani nelle opere.
La primavera era di una malinconia
sono a pochi giorni fa…
Ma venne il sole e si fà
come una ragazza a passeggio con un giovanotto:
ride di tutto negli occhi chiari.
Emilia, la tua calma ci ha stregati.

A. Bertolucci, Le poesie, Garzanti, 520 p., 16,53 euro

Le parole d’amore di un grande poeta per la sua terra, l’Emilia, così cara al mio cuore.

illusione d’amore

La nuda e semplice verità è che quando amai Estella con l’amore di un uomo, l’amai semplicemente perché la trovavo irresistibile. Sia detto una volta per tutte: sapevo, con mio grande dolore, molto spesso, se non sempre, che l’amavo a dispetto della ragione, a dispetto di ogni promessa, a dispetto della mia pace, a dispetto della speranza, a dispetto della felicità, a dispetto di ogni possibile scoraggiamento. Una volta per tutte: non l’amavo di meno perché lo sapevo, e il fatto che lo sapessi non valeva a frenarmi, più che se l’avessi creduta la perfezione umana.

Grandi speranze, o meglio Great expectations, è uno dei capolavori di Charles Dickens, talmente ricco e complesso da scoraggiare la stesura di un post qualsiasi. Per questo mi limito a commentare la riflessione del protagonista Pip su ciò che prova per Estella, sentimento fondamentale per lo svolgimento del romanzo, che mi ha toccato e interrogato molto. Può l’amore per un’altra persona sopravvivere alla perdita della speranza, della pace e della felicità?

Miss Havisham dice a Estella di spezzare il cuore a Pip

Estella non riesce ad amare nessuno. Quando era una bambina è stata adottata da Miss Havisham, una donna ricca dal cuore spezzato, che l’ha cresciuta per farne il suo strumento di vendetta nei confronti degli uomini. Estella è bella e incapace di provare sentimenti di affetto, compassione e amore verso chiunque, compresa la stessa Miss Havisham.

Pip si innamora di Estella da bambino, quando la incontra per la prima volta. L’alterigia sprezzante della ragazzina che lo deride perché è povero e perché nei suoi modi e nel suo abbigliamento porta le stimmate della sua classe sociale ferisce e sconvolge Pip. La scoperta di un mondo elegante e superiore corrompe la sua anima e guardandosi con gli occhi di Estella non può che disprezzare se stesso e le proprie origini.

L’inaspettata notizia che un misterioso benefattore intende far educare Pip da gentiluomo, per poi farlo entrare in possesso di una fortuna, accende nel ragazzo la speranza di poter aspirare alla mano di Estella.
Ma la vita si rivelerà per Pip molto diversa dalle sue aspirazioni.

Ci sono diverse teorie sul significato dell’amore di Pip per Estella, che vanno ovviamente al di là del puro amore romantico.
Due in particolare mi convincono più di altre.

C’è chi vede il desiderio di Pip per Estella come l’altra faccia del senso di inadeguatezza provato da Pip. L’orgoglio, la freddezza e la padronanza di sé di Estella la rendono perfetta agli occhi di Pip e gli ricordano sempre le sue mancanze. E il desiderio si nutre di mancanze.

C’è chi ritiene invece che Estella sia una sorta di doppio di Pip, un personaggio speculare che serve a Dickens per mostrare da un’altra prospettiva lo stesso tipo di percorso di crescita, ovvero la scoperta – dolorosa e non facile – che nella vita i sentimenti sono più importanti delle grandi speranze di riuscita e di ascesa sociale.
In questo senso il cambiamento del finale del romanzo da parte di Dickens assume un significato ben diverso dal voler regalare ai lettori un happy end. Pip ed Estella si ritrovano perché hanno compiuto il loro processo di maturazione e sono usciti entrambi dal loro arrogante egoismo.

Tornando alla domanda iniziale mi sembra di poter concludere che questo amore senza speranza, che Pip conserva anche quando Estella gli dice che sposerà un altro – e che in quella circostanza esplode con una bellissima dichiarazione (Tu sei parte della mia esistenza, parte di me. Sei in ogni riga che ho mai letto […], in ogni paesaggio che ho visto […]. Sei l’incarnazione di ogni piacevole fantasia..), altro non sia che un’ autoillusione. Un sentimento romantico, definito dallo stesso Pip “un’estasi di infelicità”, che nasconde davvero una mancanza, che non è soltanto il desiderio che tutti proviamo di essere amati, ma quello più straziante di essere amati come abbiamo sognato.

C. Dickens, Grandi speranze, Newton Compton, 384 p., ebook 1.49 euro

Nulla è in regalo

Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.

E’ così che è stabilito,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.

E’ troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.

Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l’obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.

Nella colonna Dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.

L’inventario è preciso,
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.

Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso che aprissero
questo conto a mio nome.

La protesta contro di esso
noi la chiamiamo anima.
E questa è l’unica voce
che manchi nell’inventario.

W. Szymborska, Vista con granello di sabbia, Adelphi, 235 p., 18 euro

Bahia, terra della felicità

Largo do Pelourinho

Bahia è l’odore dell’olio di dendé in cui si friggono gli acarajé e con cui si prepara la moqueca.
Bahia è un lungomare infinito bordato di palme e un oceano spumoso sfidato dai surfisti.
Bahia è il lastricato di ciottoli neri su cui si inciampa regolarmente se non si ha avuto l’accortezza di offrire una cachaça a Exu.

Bahia è la città del cuore di Jorge Amado, protagonista di alcuni dei suoi romanzi tanto quanto i personaggi che li animano.
Solo in una città magica e sensuale come Bahia la bella dona Flor avrebbe potuto incontrare e amare i suoi due mariti.
Solo in una città selvatica e dura come Bahia avrebbero potuto vivere i Capitani della spiaggia.

Ma per capirla davvero bisogna cercare le guide giuste.

Una è sicuramente Jorge Amado, che oltre ai suoi romanzi vividi e appassionanti ha scritto negli anni Quaranta, e poi rivisto negli anni Settanta, una straordinaria e inusuale guida turistica della città: Bahia, edita in Italia da Garzanti.

Se sei solo una turista avida di nuovi paesaggi, di nuove avventure per rianimare un cuore logorato dalle emozioni, viaggiatrice di povere avventure ricche, in tal caso non avrai bisogno di me come guida. Ma se vuoi vedere tutto, se sei ansiosa di apprendere e migliorare, se vuoi realmente conoscere Bahia, allora vieni con me, ti mostrerò le strade e i misteri della città di Salvador, e te ne andrai di qua con la certezza che questo mondo è ingiusto e che ha bisogno di essere riformato e migliorato. Perché non è giusto che tanta miseria sia racchiusa in tanta bellezza. […] Vieni, Bahia ti aspetta. E’ una festa, ed è anche un funerale.

Lungomare di Bahia

Bahia non è una città facile, le sue bellezze architettoniche si disfano nel caldo umido dei tropici, nonostante il fervore di restauri di facciate di edifici coloniali e di chiese. La sua bellezza naturale e la sua naturale gioia sono abbruttite dalle ingiustizie sociali, ma resistono prepotenti. E la saudade è ineluttabile.

Rua Chile non è più la strada dello shopping elegante e della crema della città seduta ai tavolini dei caffè, ma gli atabaques suonano ancora nella notte baiana e quel suono primordiale e misterioso non turba il sonno di chi lo sente ma lo conforta.

Oltre a raccontare l’atmosfera della città, vie e vicoli, chiese e quartieri popolari, cittadini indimenticabili e paesaggi, Amado dedica una parte della sua guida al candomblè, una delle radici culturali baiane.
Presenta e descrive gli Orixàs, parla delle mãe de santo che ha conosciuto e frequentato e del suo ruolo nel terreiro.
Le belle illustrazioni di Carybé di cui è corredata questa parte del libro mostrano le sembianze degli Orixàs e quindi le vesti che indossano i figli di santo quando cadono in trance e vengono posseduti.

Fitas do Senhor do Bonfim

Racconta poi le feste, talvolta sincretizzate con festività cattoliche, tra cui il “lavaggio” della chiesa di Nostro Signore do Bonfim, il Cristo miracoloso che protegge la città, e che è anche Oxalà, il più potente degli Orixàs.
Oppure la festa di Yemanjà con le offerte di stoffe, nastri, gioielli, pettini e specchi alla vanitosa divinità marina, perché la madre e sposa di tutta la gente di mare non metta i suoi occhi di naufragio sui pescatori, non li scelga come suoi amanti e li porti via per le sue feste d’amore tra le onde.

Anche le parole e la musica di João Gilberto e Vinicius de Moraes, interpretate da Caetano Veloso, Gilberto Gil o Toquinho, sono delle ottime guide alla città e alla sua atmosfera.

Casa Encantada

Ma se si preferisce avere delle guide da abbracciare alla fine della vacanza, si possono contattare Loris e Maria, responsabili di Casa Encantada e di uno stimolante progetto di turismo responsabile, che è un’avventura davvero molto molto ricca.

J. Amado, Bahia, Garzanti, 310 p., 18.60 euro

Dal cielo

Se in te mi esprime il risveglio
se io tutto
avvampo e sono mente,
io tuo seno, realtà:
brevi figure tra cui svolse
il suo debole senso la mia vita,
lieto e aspro rifugio
che l’alba senza affanni e il sole
già sommuove di pura meraviglia,
ecco il dono e l’azzurro
usciti in forza dalla morte,
ecco supero il corpo
mio impoverito e il respiro,
e tutto da te riconosco,
cielo, felicità di fibre miti
di felci e brine,
conclusiva diafana ebrietà,
intransigente e fulgida
causa che stai nel vero.

Dal cielo è questa penombra
dove senza termine è la fede
anche dell’insetto che procede
dalla foglia invernale alla stella
che ardendo gocciò nella valle,
dal cielo è questo scrigno di paesi
dormenti tra le presenze oscure
e feconde dei monti,
dal cielo è l’ordine tenace e leggero
delle viti sui colli
dov’io tacqui e sorrisi,
dal cielo è la strada
che già mi balza dalle mani
verso il lavoro e la ventura
mentre turge la fiamma dentro il vetro
e di tintinni brulicano i boschi.

Da te azzurra remota corona,
assedio e sostegno,
è la mia noncuranza
ed il grido onde volgo
le ormai facili spalle,
da te s’irradia la mia pace
al di là delle ortiche
insonni, dei bronchi in agguato,
e se m’adagio e ascolto
il sussurro di sagra che fa nostro l’inverno
se porgo orecchio alla lusinga
bisbigliata dai gerani
già oltre il ghiaccio di gennaio,
dal cielo io dico ogni mio moto
ogni verde d’atti scintillanti
ogni luce d’atti incerti e immaturi
per pienezza d’amore,
e in amore già accolte le colline
io sempre rinascendo
insieme riconduco al cielo.

Mani, lingua, respiro,
dal cielo è questo mio conoscervi,
dal cielo vita immemore
ti componi al tuo sguardo e il tuo sguardo
dal cielo si compone.
E in volto di mattino si riannuncia
a sé quanto da sé fu oppresso:
vedere, udire, ancora
a me nuovi ritornano?
E questo io posso donde
la faglia senza fondo mi divelse
e, fatto sangue, nelle congiunture
nuove che il mondo affermano,
viventi sensi, muovere a me stesso?
Riproposte realtà
qui dal vuoto che smuore
vi attendo perchè io sia. Dal cielo
è la pietà che il mondo fa consistere.

A. Zanzotto, Poesie (1938-1986), Mondadori, 312 p., 6.80 euro