l’Italia razzista degli anni ’50

scuola

Una classe di bambine degli anni '50

Volevo regalare un libro a una bambina di dieci anni e non sapendone molto sui possibili gusti letterari di una decenne di oggi, ho chiesto consiglio alla mia collega, mamma di una bambina di quell’età.

La sua risposta mi ha stupito: mi ha suggerito di regalare un libro di Bianca Pitzorno.
I libri di Bianca Pitzorno li leggevo anch’io a dieci anni, ed essendo passati ormai vent’anni, mi aspettavo che non fossero più appetibili per i ragazzini di adesso, che mi sembrano così diversi da quelli di allora.

Una rapida indagine su Ibs sui titoli disponibili in libreria mi ha illuminato, e mi ha fatto sentire meno vecchia e meno pessimista di quanto tenda a sentirmi quando si parla di libri.
Questa citata di seguito è la fantastica recensione di una lettrice a La bambina col falcone, un libro che avevo molto amato anch’io e che era stato spunto di tanti giochi su cavalieri e falconieri.

“Io ke nn leggo mai libri, be’ questo mi è piaciuto 1 kas8 !!!! spero ke Pitzorno ne faccia altri cm questo che parlino di falconieri o altre cs simili…pero’ basta che ci sia un’animale dove scriva cm quando ha narrato cm si faceva a ciliare un falcone e le varie cure. Volevo dirle ke x me è stato magico !!! ;-)”

A questo invito non ho potuto resistere, e visto che questo libro l’avevo già letto, ho deciso di leggere un altro libro di Bianca Pitzorno che aveva invece appassionato una lettrice adulta, Ascolta il mio cuore.

E’ inutile dire che mi ha catturata, e che ho dovuto leggerlo quasi d’un fiato, anche nella pausa pranzo in ufficio. Mi ha divertito e riportato indietro alla fantasia dei miei temi di bambina e ai ricordi delle avventure vere e immaginate di quell’età.
Ma mi ha anche lasciato un retrogusto amaro, una insofferenza impotente.

Nella prefazione Bianca Pitzorno spiega che il libro è autobiografico ed è ambientato negli anni ’50, quando c’erano famiglie ricche che potevano permettersi tate e cameriere e famiglie povere che vivevano in condizioni miserabili. E’ infatti intorno a questa lacerante frattura sociale che ruotano molte delle avventure e delle disavventure delle tre protagoniste del libro: l’indomita  Prisca (il cui cuore batte come un tamburo davanti a ogni ingiustizia), la sensibile Elisa e l’ingegnosa Rosalba.

L’arrivo nella loro classe, frequentata per lo più dalle figlie della media e alta borghesia cittadina, di una nuova maestra, che mostra subito di essere melliflua e servile coi forti e malvagia e violenta coi deboli, dà inizio a un anno scolastico indimenticabile.
Le angherie della perfida maestra, ribattezzata Arpia Sferza, sono rivolte tutte contro Adelaide e Iolanda, le uniche due bambine davvero povere della classe, che vivono in tuguri fatiscenti, in condizioni igieniche precarie e non hanno mai abbastanza da mangiare.
Le tre protagoniste, generose e animate da un assoluto senso di giustizia, lotteranno per tutta la storia, ossia per tutto l’anno scolastico, contro le ingiustizie perpetrate dalla maestra e metteranno in campo ogni risorsa a loro disposizione, pagando i propri errori senza mai tirarsi indietro.

Ma il libro di Bianca Pitzorno non è una favola, e il coraggio e l’inventiva delle tre bambine non bastano a rovesciare il mondo classista e razzista dell’Italietta borghese e compunta degli anni ’50.
La maestra Arpia Sferza non è che uno dei baluardi di difesa di un sistema che gli adulti del libro, a volte anche i migliori di essi, credono giusto e spesso vorrebbero immutabile.
Classi e ruoli sociali ben definiti. Privilegi e ossequi per i ricchi o per chi detiene un qualsiasi tipo di potere. Disprezzo o vuota compassione per i poveri e i miserabili, che tali devono restare, senza alcuna possibilità di riscatto. Nemmeno quella offerta dalla scuola pubblica, che avrebbe dovuto democraticamente alfabetizzare e formare le coscienze.

Sicuramente siamo cambiati da allora, e la scuola da diversi anni a questa parte è un’istituzione molto più democratica.
Ma dei lasciti allarmanti permangono, se un ministro dell’Istruzione pensa che sia il caso di mettere un “tetto” al numero di bambini immigrati in una classe (e quanti di questi immigrati sono nati in Italia?); se delle mamme di un quartiere ormai multietnico di Roma combattono una battaglia contro l’integrazione nella scuola elementare, e quindi contro una città più vivibile e una società meno razzista; se ancora oggi molti genitori educano i loro figli all’idea di dover essere sempre i primi  e i migliori a qualunque costo e con qualunque mezzo.

Ps. Alla bambina di dieci anni alla fine ho regalato Magie di Lavinia & C. di Bianca Pitzorno e La fabbrica di cioccolato di Roald Dahl

B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori, 304 p., 9.50 euro