Lev Tolstoj
Più di 240 pagine sulla morte di Lev Nikolaevič Tolstoj e nemmeno un attimo di noia.
Tolstoj è morto di Vladimir Pozner, pubblicato nel 1935 e ora riscoperto e tradotto da Adelphi, è un piacevolissimo romanzo-documentario.
Come un bravo storico, davvero in grado di “far parlare le carte”, Pozner si serve di eterogeneo materiale d’epoca (in buona parte ancora inedito negli anni ’30) per ricostruire gli ultimi giorni di vita del grande scrittore russo.
L’ossatura del libro è costituita da telegrammi e dispacci, documenti in genere privi di charme, che diventano testimonianze vivide di fatti e sentimenti del tempo grazie all’intelligente selezione che ne fa l’autore, che li completa con spiegazioni perspicaci ed essenziali e li integra con articoli di giornale e stralci di lettere e diari della famiglia Tolstoj.
Lo stile è cinematografico, con un montaggio che non perde mai il ritmo, e la mano sapiente di Pozner sa quando è il caso di attenersi alla semplice narrazione degli eventi e quando indugiare su un filo di fumo, un’espressione corrucciata o smarrita, un pensiero nascosto che qualche svogliata parola o un’azione meccanica riescono a rivelare.
Questi i fatti: il grande vecchio sempre più in rotta con la moglie Sof’ja Andreevna decide di scappare dalla tenuta avita di Jasnaja Poljana insieme alla figlia Aleksandra e al collaboratore Vladimir Chertkov, però si sente male durante un viaggio in treno ed è costretto a fermarsi nella stazione di Astapovo, un minuscolo puntolino sulla carta geografica di tutte le Russie.
Mentre Tolstoj giace nella casetta che il capostazione di Astapovo mette immediatamente a disposizione del Maestro, intorno al suo letto di morte si scatena una sarabanda famigliare, politica e mediatica di ingenti proporzioni.
Una sarabanda scandita dal ticchettio ininterrotto del telegrafo, il più veloce strumento di comunicazione disponibile nel 1910.
I giornalisti che affluiscono rapidamente dai giornali e dalle agenzia di Mosca e San Pietroburgo o dai giornali di ambiziose cittadine di provincia, gli ufficiali incaricati di mantenere l’ordine pubblico, i monaci inviati per strappare al malato un pentimento in articulo mortis, gli stessi famigliari e amici dello scrittore e non pochi sconosciuti accorsi per partecipare all’evento, congestionerenno le linee del telegrafo e spenderanno in pochi giorni una fortuna per raccontare cosa succede nella modesta casa del capostazione di Astapovo.
Con ironia Pozner descrive gli sforzi per garantire la copertura mediatica della morte di Tolstoj, come un vero preludio del moderno star system con tanto di cineoperatore inviato dalla Francia dalla ditta Pathé Frères.
Con sarcasmo mette in risalto l’ottusità delle autorità politiche e l’ipocrisia delle gerarchie ecclesiastiche.
Con affettuosa partecipazione narra il dolore e la commozione delle persone vicine a Tolstoj e della gente comune che, pur non avendo letto i suoi libri, sa che lo scrittore sta dalla parte del popolo e gli rende omaggio con grande amore.
In questo dramma a Sof’ja Andreevna Tolstaja, compagna dello scrittore per quasi cinquant’anni, spetta la parte della moglie bisbetica, causa della fuga di un marito anziano e stanco di liti e discussioni. Un marito che le sarà impedito di rivedere fino alle ultime ore di agonia.
Citando il celeberrimo incipit di Anna Karenina: «Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo» e senza aggiungere sue osservazioni ai brani di lettere e diari che riporta, Pozner cerca di decifrare la vita matrimoniale dei coniugi Tolstoj. Operazione che ha solleticato molti scrittori.
Io, per solidarietà femminile, cito la lettura di Doris Lessing che ha messo sotto accusa il Maestro, tacciandolo di essere un marito insopportabile.
Senz’altro Pozner cerca di mantenersi imparziale nella guerra tra i due, suggerendo al lettore l’idea che le incomprensioni tra Levocka e Sonja (i diminutivi affettuosi della coppia) fossero inevitabili a causa delle aspettative reciproche, frustrate nel corso degli anni. L’educazione e la cultura di Sof’ja e le sue preoccupazioni per i figli e per le contingenze della vita quotidiana erano davvero inconciliabili con la filosofia di vita che Tolstoj aveva maturato e che cercava non senza fatica e sofferenze di applicare concretamente.
Tolstoj è morto, e dunque viva Tolstoj. E a me non resta che mettermi a cercare in una libreria troppo disordinata l’edizione di Anna Karenina comprata da mia madre quando era ragazza e che io ho letto in troppo giovane età.
V. Pozner, Tolstoj è morto, Adelphi, 274 p., 18 euro