Molto tempo fa, per puro caso, ho comprato un libro di racconti di Alice Munro in lingua originale, con il solo scopo di leggere qualcosa in inglese.
Ora, complici il trasloco che ha fatto riemergere libri scomparsi e la politica di austerity domestica che mi ha vietato dei raptus di spese folli in libreria, ho deciso di leggerli.
A quanto pare capita spesso di scoprire Alice Munro per caso, anche a coloro che sono di madrelingua inglese, come racconta Margaret Atwood in questo articolo per il “Guardian”. E tutti ne rimangono folgorati, chiedendosi il perché di una scoperta casuale per un’autrice così grande, vincitrice di un Booker prize e abituale contributor del “New Yorker”.
Forse perché è una donna, ormai di una certa età, forse perché è canadese, forse perché scrive racconti e non romanzi.
Eppure i racconti che compongono Open secrets (in italiano Segreti svelati, Einaudi) sono piccole grandi storie avvincenti, costruite con un ritmo più simile a quello di una composizione musicale o a un montaggio cinematografico che a un testo scritto.
Come un tema musicale sviluppano fraseggi che si alternano o si ripetono, impetuosi crescendo e soavi pianissimo. Come in un montaggio cinematografico il tempo è scandito dal susseguirsi delle inquadrature, i campi lunghi che descrivono i luoghi e raccontano piccole storie, i piani americani in cui si muovono i personaggi e i close up sui dettagli che illuminano il senso generale.
Protagoniste assolute di questi otto racconti, come di tutta l’opera di Alice Munro, sono le donne. Diverse per età, condizione sociale, esperienze e stile di vita, ma sempre caratterizzate vividamente, con un linguaggio semplice, quasi minimalista, illuminato a tratti da humor e arguzia. Le brillanti metafore e le osservazioni che costellano i testi dimostrano la profonda capacità dell’autrice di analizzare e svelare il mondo femminile.
Ad esempio, la libraia del racconto La vergine albanese descrive così la sua attesa frustrata di clienti nel suo nuovo negozio:
Ora aspettavo, e mi sentivo come qualcuno che si fosse vestito con esagerata ricercatezza per una festa, magari anche riscattando gioielli dati in pegno o andandoli a recuperare dalla tomba di famiglia, solo per scoprire che si trattava di una partita a carte dal vicino di casa. Che era solo polpettone e puré di patate in cucina, e un bicchiere di vino rosato frizzante.
Humor vezzoso celato anche nel titolo, poiché il lettore scopre immediatamente che nessun segreto sarà mai davvero svelato e che proprio in questo sta il bello del libro.
In cucine lontane centinaia di migliaia di chilometri, [Maureen] guarderà formarsi una sottile pellicola sul dorso di un cucchiaio di legno e la sua memoria avrà un guizzo, ma non le rivelerà del tutto il momento in cui le è parso di osservare un segreto svelato, niente di impressionante fino a quando non pensi di provare a raccontarlo.
Così si conclude il racconto che dà il titolo alla raccolta, alludendo a tutti i segreti, piccoli o grandi, in cui ci imbattiamo nella nostra vita, che non sempre ci si riveleranno e di cui a volte ci appare solo un piccolo barlume di comprensione.
Per Alice Munro le piccole illuminazioni, i gesti inconsci o casuali e i fatti microscopici influenzano le vite dei personaggi tanto quanto i grandi eventi dirompenti e le svolte imprevedibili. Il romanzesco è ovunque e in chiunque, così come l’assoluta normalità. Perché: «le vite delle persone sono […] monotone, semplici, straordinarie e impenetrabili – grotte profonde con un pavimento di linoleum da cucina».
A. Munro, Open secrets, Vintage Books, 294 p., 7.99 pound