la nostalgia della carta

Sono innamorata del mio Nook, l’ho già detto, e sono molto soddisfatta per essere entrata nel mondo della lettura digitale.
Mi sono accorta che negli ultimi mesi ho letto, e acquistato, più ebook che libri di carta. Al decimo ebook consecutivo, però, mi è presa nostalgia per la carta.
Senza immalinconirmi sulle gioie della mia infanzia e adolescenza di lettrice indefessa e senza demonizzare il digitale, ho pensato a cosa mi mancava dell’amato libro.

Essenzialmente piccole gioie molto personali. Ad esempio timbrare la prima pagina col mio ex-libris, il porcospino rosso con il naso all’insù. L’ebook non è fatto per l’ossessione romantica del possesso.
Oppure controllare con una sola occhiata quanto manca alla fine del libro, giudicando gli spessori al di qua e al di là del segnalibro. L’ereader indica la progressione delle pagine, ma non basta a farsi un’idea, anche perché capita spesso che ci siano un’appendice o un indice alla fine. Questo però ha anche un risvolto bello: il totale stupore che mi ha colto più volte quando sono arrivata all’ultima pagina, alla fine della storia.
L’aprire pagine a caso, anche leggiucchiando distrattamente una riga qua e una là di pagine successive a quella che sto leggendo. Mi manca, ma non è proprio un male smetterla di fare perverse congetture su quello che succederà in seguito. In fondo non sarei del tutto contenta di sapere con certezza quello che mi accadrà da qui a due anni.

C’è voluto molto tempo per sviluppare queste piccole manie, è ovvio che non sia facile farne a meno. E’ davvero superfluo per me cantare le lodi del libro di carta. E’ un oggetto delizioso e perfetto, di un materiale che spesso ha un profumo sensazionale e che invecchiando e ingiallendo non perde un briciolo di fascino, anzi lo acquista.
Il libro si presta a essere un feticcio perfetto ed è sicuramente più bello prestare o regalare un libro che non un ebook.
Le librerie e le biblioteche sono luoghi voluttuosi e magici.

Tutto ciò è talmente evidente da essere scontato. Come è scontata la convivenza tra libro tradizionale e libro elettronico, almeno per un buon lasso di tempo.

Poi, come sempre, c’è il solito intellettuale menagramo apocalittico. In questo caso lo scrittore Jonathan Franzen, che alcuni giorni fa ha espresso un parere del tutto negativo (e quanto mai anodino) sugli ebook, sulla loro immaterialità e su come uno scrittore si immagini sempre la propria opera stampata su carta. Credo che anche nel caso di Franzen le sue affermazioni siano più riconducibili all’esperienza personale e all’abitudine (o allo snobismo?) che non a una seria riflessione.

Mi pare che solo la poesia moderna abbia bisogno della carta, più che altro perché difficilmente si legge un libro di poesie una pagina dopo l’altra, ma anche questa potrebbe essere solo un’esigenza personale, o generazionale.

Riguardo alla narrativa mi chiedo invece se non si possa immaginare un significativo cambiamento del libro proprio grazie al digitale. Perché l’ebook è un ipertesto, ma da quello che ho potuto vedere finora non viene trattato come tale dagli editori, e forse per gli autori è ancora troppo presto per ripensare la scrittura e adattarla a questo nuovo mezzo.

Curiosamente il primo libro di carta che ho letto dopo una serie di ebook è stato Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer, edito in Italia da Guanda (che tra l’altro ha tolto dalla circolazione il tascabile per poter vendere solo la più costosa edizione in brossura in concomitanza con l’uscita del film).
E’ un romanzo molto bello ma è anche un oggetto notevole. Il testo è arricchito da molte foto e da disegni e scritte colorati del tutto funzionali alla storia.
Non so se l’idea potrebbe piacere a Jonathan Safran Foer, ma ho immaginato che quel bellissimo oggetto potesse essere anche un bellissimo ipertesto. Che magari avrebbe potuto addirittura far ascoltare “I am the walrus” dei Beatles al lettore.
Il mio Nook modello minimal non sarebbe stato il supporto adatto per dei testi colorati e della musica, ma altri ereader e ovviamente i tablet sono già attrezzati per questo.

Il mezzo è anche il messaggio: è stata proprio l’invenzione della stampa a caratteri mobili a determinare la nascita del libro come lo conosciamo oggi e a rendere la scrittura e la lettura fatti non elitari. La fotografia non è morta col passaggio al digitale, ma sicuramente è cambiata moltissimo.
Chissà se là fuori da qualche parte c’è una nuova avanguardia letteraria pronta a raccogliere la sfida del libro elettronico.

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